- Fino dal 2020 esistono protocolli e farmaci per la cura precoce e domiciliare del Covid-19 che possono ridurre l'ospedalizzazione anche del 90%. Tra i primi sono stati i protocolli di Luigi Cavanna (primario di Oncologia ed Ematologia) e di Giuseppe Remuzzi (direttore dell’Istituto Mario Negri, ematologo e nefrologo di fama mondiale).
- Le associazioni spontanee di medici di base "Ippocrate" e "Comitato Cura Domiciliare Covid 19" hanno curato dal Covid-19 migliaia di pazienti. Lo hanno fatto sulla base della propria esperienza e ignorando il protocollo ufficiale, espondosi alla responsabilità individuale civile, penale e deontologica.
- Il protocollo di cura domiciliare ufficiale è rimasto sostanzialmente invariato e propone il Paracetamolo (Tachipirina), farmaco sul quale sussistono da sempre delle importanti controindicazioni, e la vigile attesa.
- Le richieste del parlamento e dei medici di aggiornare i protocolli per le cure domiciliari sono state finora respinte.
- Al contrario l'approvazione dei vaccini è avvenuta in tempi rapidissimi, in via emergenziale, in assenza di trials conclusivi e di una farmacovigilanza attiva organizzata.
Luigi Cavanna, primario di Oncologia ed Ematologia, oggi è conosciuto come il padre del "metodo Piacenza". In un'intervista dichiara: "Il paziente deve essere trattato tempestivamente e questo vuol dire che va curato a casa". Riferendosi alla cosiddetta prima ondata ricorda: "...tutte le televisioni, nazionali o locali, facevano questa raccomandazione agli italiani: state a casa e non andate al Pronto soccorso. Il problema è che diverse persone hanno seguito il consiglio assumendo solo Tachipirina e alla fine non riuscivano più a respirare, chiamavano il 118 e arrivavano di corsa in ospedale". Dal 1 marzo 2020, su propria iniziativa, Luigi Cavanna va nelle case portando con se, oltre ai DPI, un termometro, i palmari per realizzare l’ecografia sul posto, un saturimetro, il tampone e un kit di farmaci già pronti all'uso. Compresa l’idrossiclorochina, già usata contro Sars e malaria. Racconta l'oncologo: "Se l'ecografia toracica è dubbia e mostra polmoniti interstiziali dopo aver chiesto il consenso del paziente, consegniamo i farmaci e gli diciamo: 'Lei inizi la terapia, anche in attesa del risultato del tampone'. Alle persone che presentano polmoniti severe lasciamo anche l'ossigeno. Poi ogni giorno i pazienti ci comunicano i dati della propria saturazione, in modo da poterli monitorare dall'ospedale" e ancora "Il dramma di questa infezione è che ha abituato gli italiani a morire da soli. Veder arrivare due sanitari a portare dei farmaci, che lasciano un numero di telefono da chiamare, un saturimetro e ti spiegano cosa fare, per loro era già una mezza salvezza. A me questo ha messo in crisi, perché i malati in un Paese evoluto non dovrebbero mai avere la percezione di sentirsi abbandonati". In un'intervista a "Huffingtonpost" del 13 aprile 2021 dichiara: "Le vittime giovani del Covid sono pazienti giunti all’ospedale dopo dieci o quindici giorni di malattia non trattata. Ma se lei avesse un parente con 38/39 di febbre, tosse insistente e fatica a respirare, gli direbbe di chiudersi in casa con il paracetamolo, aspettando di vedere come va? Cerchiamo di essere pratici. Molti miei colleghi che parlano in televisione non hanno alcun rapporto con i malati". I risultati di questa iniziativa sono sorprendenti: "Su 250 pazienti curati a domicilio, le posso dire che nessuno di loro è morto. Né a casa né in ospedale. Di questi, è stato ricoverato meno del 5% e tutti sono tornati a casa, di cui la metà entro pochi giorni". Il Time gli ha dedicato una copertina (link).
Riguardo al divieto introdotto successivamente sull'uso dell'Idrossiclorochina Cavanna racconta: "Poi sull’idrossiclorochina è caduta la scomunica di Lancet. OMS e AIFA si sono adeguate". L'OMS e gli stati, sulla base di un solo studio peraltro retrospettivo e non randomizzato, hanno sospeso i propri trial clinici in corso. Quando lo studio del Lancet è stato ritirato una settimana dopo per palesi violazioni del metodo e dell'etica scientifica, OMS e AIFA hanno mantenuto comunque il divieto e i trials non sono più stati riattivati. Alla domanda se avesse continuato comunque ad utilizzarla Cavanna ha risposto "No, ho obbedito all’AIFA socraticamente. Cioè secondo il principio che i divieti si criticano, ma si rispettano. Ho fatto da consulente per i colleghi che hanno portato quel divieto davanti al Consiglio di Stato, vincendo. Ma nel frattempo sono arrivati nuovi farmaci. L’azitromicina, i cortisonici dopo la quinta o la sesta giornata, quando il paziente comincia ad avere difficoltà respiratorie, l’eparina con più coraggio dall’inizio, e molto ossigeno a domicilio. Ma soprattutto i farmaci antinfiammatori suggeriti dall’istituto Mario Negri e dal professor Fredy Suter, cioè Aspirina, Ibuprofene, Aulin.". Riguardo all'operare della comunità scientifica dice: "Molti colleghi dicono che l’idrossiclorochina non funziona ed è pericolosa, citando pubblicazioni che forse non hanno mai letto. Non mi stupisce. Succede così in tutte le professioni. Spunta uno studio, un collega ritenuto importante lo accredita, e una regola s’impone per conformismo. La maggior parte degli studi che bocciano l’idrossiclorochina riguardano pazienti ospedalizzati, con una malattia avanzata, spesso rimasti a casa sette o dieci giorni prima di essere trattati. Non hanno niente, davvero niente a che vedere con un paziente curato precocemente." e ancora "Però mi fa un po’ di specie che gli effetti avversi dell’idrossiclorochina sui malati di Covid abbiano tanto preoccupato la comunità scientifica. La stessa che da anni la prescrive senza alcuna remora come profilassi per la malaria a chi va in vacanza in Africa." e ancora "Aggiungo ai miei dubbi quelli del professor Antonio Cassone, ex direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, uno che sa come vanno le cose: lui fa notare che le riviste più autorevoli non hanno pubblicato un solo report a favore dell’idrossiclorochina, ma lavori di basso livello che la demolivano. Questo per dire che la ricerca è sovrana, l’industria è utile, ma talvolta non sempre l’una e l’altra promuovono l’interesse generale".
Ancora sull'uso dell'Idrossiclorochina, Pietro Luigi Garavelli, primario della Divisione di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, racconta: "Qui a Novara la abbiamo usata con successo, una mia collaboratrice aveva come compagno di specializzazione il dottor Savarino di cui ho letto i lavori sull’utilità di idrossiclorochina nel trattamento della Sars. All’inizio la davamo a tutti, poi abbiamo raddrizzato il tiro vedendo che funzionava nelle fasi precoci della malattia. Il mio gruppo di lavoro non attende nemmeno l’esito del tampone, perché si perde tempo prezioso: ai primi sintomi diamo Idrossiclorochina monitorando l’andamento della patologia e la saturazione e proseguiamo per sei, dodici giorni. Poi, aggiungiamo eparina e cortisone. Si può utilizzare anche azitromicina, ma per me è meno rilevante. I risultati? Meno del 10% dei ricoveri con le persone trattate precocemente".
Il 25 settembre 2021 il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, ematologo e nefrologo di fama mondiale, rilascia un'intervista a margine del Sapiens Festival di Brescia. L'intervista verte sullo studio che Remuzzi ha compiuto assieme al dottor Fredy Suter, ex primario di malattie infettive all’ospedale di Bergamo, e con il contributo fondamentale di un gruppo di dottoresse di famiglia di Varese tra cui la dottoressa Elena Consolaro (link). Questo studio, pubblicato il 9 giugno 2021 sulla rivista “EClinicalMedicine” (link, file), il magazine che fa capo alla testata inglese The Lancet, prosegue un altro lavoro risalente al 25 maggio 2020 in cui già Remuzzi, Suter e Perico proponevano un algoritmo e un protocollo di cure domiciliari del Covid-19 (link, file).
Nell'ultimo studio un gruppo di infettati Covid-19 veniva curato con antinfiammatori in un primo momento (Nimesulide e Celecoxib) e se necessario con altri rimedi (Eparina, Ossigenoterapia e Cortisone). Contemporaneamente un gruppo di controllo veniva curato seguendo il protocollo del Ministero della Salute: "Paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa". Nel primo gruppo si è avuta una una riduzione del 90% della necessità di ospedalizzazione rispetto al gruppo di controllo. Remuzzi afferma: "...è possibile sostenere che probabilmente la terapia antinfiammatoria all’esordio dei sintomi riduce molto la necessità di ospedalizzazione". Citando altri studi internazionali pubblicati Remuzzi afferma ancora: "Tre studi diversi, quindi, vanno sostanzialmente nella stessa direzione: usano antinfiammatori in momenti molto precoci della malattia, all’esordio dei primissimi sintomi, ottenendo risultati promettenti". In una intervista a Libero Remuzzi spiega: "Per esempio si è scoperto che c'è un comune sciroppo per la tosse che contiene Bromexina che ha effetti molto interessanti: testato su un'ottantina di persone, divise in due gruppi, tra chi lo ha assunto non ci sono stati morti e si è avuta una sola terapia intensiva contro tre decessi e cinque ricoveri tra chi non lo aveva ricevuto. È stato scoperto anche di recente che un preparato anti-asma a base di cortisone riduceva del 90% i ricoveri in ospedale". Il preparato a cui si riferisce è il Budesonide ed è oggetto di uno studio pubblicato su The Lancet le cui conclusioni sono: "This effect, with a relative reduction of 91% of clinical deterioration is equivalent to the efficacy seen after the use of COVID-19 vaccines and greater than that reported in any treatments used in hospitalised patients and patients with severe COVID-19" (link, file).
Riguardo all'indisponibilità di AIFA e del Ministero della Salute ad accettare le cure domiciliari proposte e sperimentate da molti medici, il professor Giuseppe Remuzzi ha questa opinione: "Ritengo che per ora facciano bene a non considerarli sufficienti per una raccomandazione generale. Il singolo medico, comunque, può consultare la letteratura, visionare i lavori pubblicati, i pregi e i difetti di ognuno e valutare quale lo convinca di più per i propri pazienti, al di là delle raccomandazioni dell’AIFA e del ministero. Non può pretendere, però, che le sue esperienze diventino raccomandazioni delle autorità regolatorie per queste ultime devono basarsi su studi su grandi numeri, prospettici e realizzati con determinati criteri". Nel gennaio 2022, Giuseppe Remuzzi da notizia che "...dopo un po’ di trattative e un po’ di fatica siamo riusciti ad arrivare ad avere un protocollo condiviso con Aifa. Ci sono 600 e oltre pazienti per gruppo, con gli anti-infiammatori da una parte e dall’altro quello che ritengono di dover fare i medici. Avere 600 pazienti per gruppo non dovrebbe richiedere tanto tempo vista la contagiosità di Omicron, anche se sembra brutto dire di dover reclutare i pazienti. A quel punto avremo una risposta definitiva sull’approccio delle nostre cure domiciliari e se sarà la chiave di volta per la pandemia". Una conferma che arriverebbe, al più presto, solo dopo due anni e dopo decine di migliaia di ospedalizzazioni e di decessi dalle prime fortunate applicazioni dello stesso protocollo. Il 31 gennaio 2022 andava in onda un servizio di Report in cui lo stesso Fredy Suter, nel sostenere il protocollo sviluppato con Remuzzi, si lasciava sfuggire "Soltanto con questa norma credo che avremmo risparmiato migliaia di morti" riferendosi all'uso di anti-infiammatori al posto della tachipirina.
In uno studio realizzato a novembre 2021 principalmente da ricercatori italiani e pubblicato su "Medical Science Monitor" (link, file) si evidenzia la differenza nel decorso della malattia su una popolazione di non vaccinati a seconda che si inizi il protocollo di terapie entro o dopo 3 giorni dall'insorgere dei sintomi. Nel grafico che segue sono riportati i risultati e, pur tenendo conto dei limiti di uno studio retrospettivo e su un campione limitato, appare evidente l'efficacia delle cure domiciliari precoci in termini di gravità e durata della malattia e in termini di tasso di ospedalizzazione.
In uno studio retrospettivo pubblicato su Medrxiv il 5 aprile 2022 (link, file) e realizzato dall’Università dell’Insubria, si analizzano 392 casi di malati sottoposti a trattamento domiciliare precoce dai medici di «Ippocrate.org». Mentre in Italia la letalità del Covid era superiore al 3%, per i pazienti sottoposti alla terapia è stata dello 0,2%.
Risultati del tutto simili sono esposti in uno studio retrospettivo effettuato su 966 pazienti da Serafino Fazio, Sergio Grimaldi e Andrea Mangiagalli, medici del Consiglio Scientifico del Comitato Cura Domiciliare Covid19, e pubblicato sulla rivista American Journal of Biomedical Science and Research (link, file). Uno degli autori dello studio, Sergio Grimaldi, ha affermato contestualmente alla pubblicazione: "Il ministero della Salute deve comprendere che la battaglia contro il virus non si potrà mai vincere con un'unica arma, soprattutto se non efficace sulle continue varianti" e ancora "La realtà delle cose e la trasparenza informativa non sono assolutamente state compagne di viaggio in questi anni di Covid, gli studi, le persone, hanno dato ampiamente prova di come sia fondamentale un approccio precoce e con determinati farmaci."
In uno studio indiano del 19 aprile 2022 (link, file) si mettono a confronto un gruppo di 103 pazienti curati con l'indometacina e un gruppo di 107 pazienti curato con il paracetamolo. "L'uso di indometacina insieme al protocollo di trattamento standard nei pazienti ospedalizzati con covid-19 è stato associato a un significativo sollievo sintomatico e a un miglioramento del livello di saturazione di ossigeno. Venti dei 107 pazienti erano desaturati nel gruppo paracetamolo, mentre su 103 pazienti nessuno nel gruppo indometacina era desaturato."
Finalmente, siamo al 25 agosto 2022, esce su Lancet Infectious Diseases il tanto atteso meta-studio sviluppato da Giuseppe Remuzzi, Fredy Suter, Norberto Perico e Monica Cortinovis (link, file). Lo studio prende in esame tutti gli studi pubblicati su riviste scientifiche di valore, condotti tra il 2020 e 2021, su un totale di 5mila pazienti tra gruppi di studio e di controllo, e sancisce che l'utilizzo dei FANS (in particolare Celecoxib e Nimesulide ma anche ibuprofene e aspirina) riduce le ospedalizzazioni dell’85-90%. Inoltre, il tempo relativo alla risoluzione dei sintomi si riduce dell’80%, mentre la necessità di ossigeno del 100%. Sostanzialmente è una conferma di quello che già si sapeva a maggio 2020 e che è stato da una parte messo in pratica da molti medici e dall'altra osteggiato dalle istituzioni dello Stato e dell'inforrmazione. Qui sotto il protocollo di cura basato su non-steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs) in sintesi.
Riguardo all'utilizzo del Paracetamolo (Tachipirina) nelle forme virali lievi (fino a 38 o 39 di febbre) è da sempre controindicato, perché la febbre è la reazione naturale del sistema immunitario che combatte il virus. In questo senso si esprimono due studi che si occupano di valutare l'uso del Paracetamolo nella cura del Covid-19 (link, file, link, file). Dello stesso avviso l'Associazione di Studi e Informazione sulla Salute (link). Anche Marco Cosentino, dottore di ricerca in Farmacologia e Tossicologia, nonché professore ordinario di Farmacologia presso la Scuola di Medicina dell’Università dell’Insubria, dove dirige il Centro di ricerche in Farmacologia Medica, è molto critico sul protocollo ufficiale ed in particolare riguardo all'adozione del Paracetamolo in quanto non è un antiinfiammatorio: "I fenomeni infiammatori sono peculiari del Covid fin dagli esordi, ed esistono studi quanto meno di natura osservazionale che descrivono un'evoluzione nettamente più favorevole nei pazienti Covid in trattamento con aspirina, il capostipite dei FANS, antiinfiammatorio per antonomasia" (link).
Occorre ricordare che i medici che restano all'interno del protocollo ufficiale, ossia "Tachipirina e vigile attesa", sono per legge al riparo da sanzioni e denunce. I medici che ne escono, anche se per tentare cure più efficaci in una situazione di grande incertezza e pericolo, sono esposti alla responsabilità individuale civile, penale e deontologica, fino a rispondere di omicidio colposo per colpa medica.
Ciononostante in Italia esistono due reti nazionali, Ippocrate e Comitato Cura Domiciliare Covid 19, e numerosi gruppi locali di medici che si sono spontaneamente organizzati per fornire un protocollo efficace sulla scorta della loro esperienza sul campo.
Vale la pena ripercorrere la storia recente del protocollo di cure domiciliari proposte.
- Il 16 marzo 2020 il quotidiano La repubblica titola: "Coronavirus: non prendete antinfiammatori per protegggervi".
- Il 30 novembre 2020 viene sancito il protocollo che include le cure precoci domiciliari, riassunte nella frase "Tachipirina e vigile attesa".
- Il 9 dicembre 2020 AIFA presenta una nota in cui "indica Paracetamolo e vigile attesa" come unica strada da seguire nell’approccio alla cura domiciliare contro il Covid
- Il 7 marzo 2021 i medici del Comitato Cura Domiciliare Covid 19 presieduto dall’avvocato Erich Grimaldi presentano al TAR del Lazio una istanza cautelare contro questa nota e vincono, la nota viene sospesa.
- Il 6 aprile 2021 viene presentato un ricorso in appello al Consiglio di Stato da parte del Ministero della Salute e di AIFA contro la decisione del Tar del Lazio di sospendere la nota del 9 dicembre 2020.
- L'8 aprile 2021 viene approvato in Senato (link) l'ordine del giorno unitario che impegnava il Governo ad aggiornare, tramite l'Istituto superiore di sanità, Agenas e AIFA, i protocolli e le linee guida per la presa in carico domiciliare dei pazienti Covid-19 tenuto conto di tutte le esperienze dei professionisti impegnati sul campo e ad istituire un tavolo di monitoraggio ministeriale, in cui fossero rappresentate tutte le professionalità coinvolte nei percorsi di assistenza territoriale.
- Il 20 aprile 2021 il Consiglio di Stato boccia l'ordinanza cautelare del TAR del Lazio con queste motivazioni: "La natura dell’atto impugnato porta ad escludere l’esistenza di profili di pregiudizio dotati dell’attributo della irreparabilità, dal momento che la nota AIFA non pregiudica l’autonomia dei medici nella prescrizione, in scienza e coscienza, della terapia ritenuta più opportuna, laddove la sua sospensione fino alla definizione del giudizio di merito determina al contrario il venir meno di linee guida, fondate su evidenze scientifiche documentate in giudizio, tali da fornire un ausilio (ancorché non vincolante) a tale spazio di autonomia prescrittiva, comunque garantito".
- Il 26 aprile 2021 vengono aggiunti al protocollo di terapia dimiciliare ufficiale i comuni FANS come l'Ibuprofene per il trattamento dei sintomi.
- Il 19 ottobre 2021 in un "Atto di Sindacato Ispettivo" (link) alcuni parlamentari scrivono al Ministero della Salute per chiedere formalmente conto del perché le autorità sanitarie non abbiano preso in considerazione lo straordinario bacino di informazioni che arrivavano dalla evidence based medicine, cioè da quei medici che hanno curato direttamente sul campo i pazienti Covid prima che questi arrivassero nelle strutture ospedaliere, evitandone di fatto il ricovero.
- Il 15 gennaio 2022 il Tar del Lazio annulla la Circolare del Ministero della Salute (mutuata dalle Linee Guida dell’Aifa) inerente la “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-CoV-2”.
- Il 19 gennaio 2022 Franco Frattini, appena eletto presidente del Consiglio di Stato, sospende con decreto monocratico l’esecutività della sentenza edl Tar del Lazio fino alla discussione collegiale in camera di consiglio, fissata al 3 febbraio 2022. Nel decreto di sospensione si afferma che la circolare "contiene 'raccomandazioni' e non 'prescrizioni', cioè indica comportamenti, secondo la vasta letteratura scientifica allegata, che sembrano rappresentare le migliori pratiche".
- Il 9 febbraio 2022 il Consiglio di Stato pubblica la sentenza con la quale viene definitivamente respinto il ricorso, ribadendo che "...contengono mere raccomandazioni e non prescrizioni cogenti e si collocano, sul piano giuridico, a livello di semplici indicazioni orientative, per i medici di medicina generale, in quanto parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello internazionale. Ben è libero il singolo medico, nell’esercizio della propria autonomia professionale, ma anche nella consapevolezza della propria responsabilità, di prescrivere i farmaci che ritenga più appropriati alla specificità del caso, in rapporto al singolo paziente, sulla base delle evidenze scientifiche acquisite".
- Il 10 febbraio 2022 protocollo per la gestione domiciliare dei pazienti viene ritoccato e, in particolare, la frase "vigile attesa (intesa come costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente)" viene aggiornata a "costante e accurato monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente ".
- Il 25 agosto 2022 viene finalmente pubblicato su Lancet Infectious Diseases uno studio (link, file) sviluppato da Remuzzi/Suter/Cortinovis/Perico. Lo studio prende in esame tutti gli studi pubblicati su riviste scientifiche di valore, condotti tra il 2020 e 2021, su un totale di 5mila pazienti tra gruppi di studio e di controllo, e sancisce che l'utilizzo dei FANS (in particolare Celecoxib e Nimesulide ma anche ibuprofene e aspirina) riduce le ospedalizzazioni dell’85-90%. Inoltre, il tempo relativo alla risoluzione dei sintomi si riduce dell’80%, mentre la necessità di ossigeno del 100%