- I monoclonali danno risultati eccezionali, superiori al 90% nel prevenire la progressione della malattia e il ricovero, ma devono essere somministrati entro 5 giorni dall'insorgenza dei sintomi.
- Gli stessi operatori sanitari, dai medici di base ai primari delle terapie intensive, lamentano lo scarso uso dei "monoclonali".
- I monoclonali ci sono, sono stati acquistati dopo l'approvazione dell'AIFA a partire da febbraio 2021, ma necessitano prima di essere somministrati di numerosi passaggi burocratici, che coinvolgono medico di base, U.S.C.A, infettivologo dell'ospedale di riferimento, prefettura e sindaco.
- I monoclonali secondo alcuni studi e alcuni operatori sanitari avrebbero risparmiato migliaia di ospedalizzazioni e migliaia di decessi se fossero stati approvati prima e distribuiti con efficienza.
Il 12 novembre 2021 la Commissione europea, su parere dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), ha finalmente autorizzato l'associazione di alcuni anticorpi monoclonali. Questi farmaci hanno un’indicazione terapeutica precisa: vanno somministrati nelle prime fasi della malattia, per via endovenosa, e sono particolarmente indicati per i pazienti a rischio di forme gravi (cardiopatici, diabetici, ipertesi, soggetti fragili in generale).
In Italia erano stati autorizzati in via temporanea con Decreto del Ministro della salute 6 febbraio 2021 tre anticorpi monoclonali: le combinazioni bamlanivamb/etesevimab e casirivimab/imdevimab e sotrovimab. L’AIFA produce ogni settimana un report sull’impiego dei monoclonali sul territorio italiano al fine di raccogliere sempre più informazioni sulla sicurezza. Al 9 settembre 2021 erano state 9021 le persone curate con i farmaci monoclonali.
Un gruppo di ricerca del Policlinico Federico II di Napoli, in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), ha condotto un'analisi dei dati dei ricoveri e dei decessi per Covid-19 dal 2 aprile 2021 (giorno dell’approvazione degli anticorpi monoclonali) fino al 5 agosto 2021. Il 10% di infezioni, 70.022 casi, riguardavano persone dai settant`anni in su, il cui peso aumentava guardando ai ricoveri ospedalieri (21.503 su 57.740) ma ancor più in termini di decessi (9.963 su 18.442). Ivan Gentile, direttore Malattie Infettive del Policlinico Federico II, nonché coordinatore dello studio, osserva che gli anticorpi monoclonali sono stati prescritti solo al 9% degli ultra settantenni infetti. Secondo i calcoli degli specialisti, se almeno una parte degli ultrasettantenni che hanno contratto il coronavirus nei 5 mesi dello studio fossero stati trattati, si sarebbero evitati da 7666 a 13798 ricoveri e da 3507 fino a 6313 decessi, (in caso di terapia somministrata rispettivamente al 50% o al 90% dei settantenni positivi) con un risparmio per il Servizio sanitario nazionale stimabile tra 138 e 250 milioni di euro per la riduzione delle ospedalizzazioni, al netto del costo dei farmaci e senza contare il valore attribuibile alle vite umane salvate.
In un servizio di Tv7, andato in onda a novembre 2021, Marco Falcone, infettivologo dell'Ospedale di Pisa, dichiara di aver curato circa 400 pazienti ad alto rischio con un'efficacia superiore al 90% nel prevenire la progressione della malattia e il ricovero. Nello stesso servizio viene intervistato anche il Direttore malattie infettive dell'Ospedale di Torino, che dichiara che quasi tutti i ricoverati in terapia intensiva non sarebbero stati ospedalizzati in quanto "...il monoclonale rarissimamente fallisce quando viene somministrato nei primi giorni..." e, riferendosi allo scarso impiego di questa terepia, continua "...una sconfitta, una gran rabbia perchè potevamo salvare molte persone". Nello stesso servizio si punta il dito sulle lungaggini burocratiche che rendono impossibile la somministrazione di questa cura entro i 5 giorni dalla comparsa dei sintomi, un termine oltre il quale il farmaco perde efficacia, e che lasciano gli anticorpi monoclonali inutilizzati in armadi e magazzini. La burocrazia richiede infatti di coinvolgere nella decisione di somministrare il farmaco medico di base, U.S.C.A, infettivologo dell'ospedale di riferimento, prefettura e sindaco.
Il professor Guido Silvestri, ordinario presso l’Università di Atlanta, tramite un accordo con l’azienda farmaceutica Ely Lilly offre all’Italia 10.000 dosi di farmaci monoclonali gratuiti da utilizzare per i pazienti Covid-19. Si trattava di avviare un trial gratuito del farmaco Bamlanivimab nel dosaggio di 700 mg. Il farmaco è capace di ridurre il rischio di ospedalizzazione dal 72% al 90% e viene prodotto in Italia, a Latina.
Il 29 ottobre 2020 l'offerta viene rifiutata dall'allora direttore generale dell’AIFA, Nicola Magrini, con la motivazione "Senza l'approvazione dell’EMA non possiamo autorizzare". La FDA americana approva il farmaco dopo pochi giorni (il 9 novembre 2020), seguita a marzo da EMA, la corrispondente agenzia europea, e dalla stessa AIFA. Il farmaco viene quindi acquistato a prezzo pieno e, di conseguenza, la Corte dei Conti apre un’inchiesta per danno erariale sostendo che si tratti di una "scelta pubblica non ponderata". Il Tar del Lazio ordina ad AIFA di rendere pubblico il verbale di quella decisione, ma AIFA ad oggi non lo ha ancora fatto (Tar del Lazio Sentenza n. 8419 del 14/07/2021). In un primo momento AIFA addirittura nega di aver ricevuto questa offerta, quando in un comunicato del 22 dicembre 2020 dichiara di non aver mai ricevuto "alcuna proposta di cessione gratuita, uso compassionevole né fornitura per studi clinici dell’anticorpo monoclonale Bamlanivimab da parte dell’azienda Eli Lilly".
Nella trasmissione "Fuori dal Coro" il professor Francesco Broccolo, professore di Microbiologia e docente di Microbiologia Clinica presso l'Università Milano-Bicocca, ha affermato chiaramente che senza quel rifiuto "...avremmo probabilmente risparmiato molti ospedalizzati e morti Covid". Una stima proposta da Maria Domenica Castellone, ricercatrice presso il Cnr e Senatrice M5s, parla più precisamente di 732 vite.