Da sempre ogni società, anche la più arcaica, e ogni modello di sviluppo pongono nelle forme di istruzione il mezzo per costruire gli adulti del futuro. Quale il modello di scuola che l’attuale società iper-tecnologica e iper-medicalizzata ha scelto e sta imponendo?
Piano scuola 4.0: qualche voce di dissenso si è alzata; nella maggior parte dei casi è prevalso un silenzio assordante delle figure istituzionali; non è mancato qualche dirigente già pronto ad adeguarsi e a pensare come cogliere al meglio le "opportunità". Ma si è compresa la portata di ciò che è contenuto in quel programma/progetto di costruzione del cittadino del futuro?
Uscita dall’Università, nel 1976, ho iniziato a lavorare come psicologa anche nella scuola, quando esistevano le classi speciali e differenziali. Se il bambino era troppo grave: o la famiglia se lo accollava da sola in casa o accettava l’istituzionalizzazione precoce. Dunque mi occupo della storia del sistema scolastico, non solo italiano, con un duplice sguardo interno/esterno grazie agli innumerevoli incontri umani con bambini, ragazzi, giovani adulti, famiglie, insegnati, dirigenti scolastici, alti funzionari, politici e naturalmente molti Colleghi.
Guardando la trasformazione che la scuola e il diritto allo studio hanno subito, è impossibile non cogliere il progressivo abbraccio mortale tra istituzione scolastica e istituzione sanitaria, dove ciò che, all’inizio di questo incontro multidisciplinare, era una risorsa per aiutare studenti e insegnati a meglio comprendersi e meglio raggiungere lo scopo pedagogico ed esistenziale, ora ha trasformato la scuola in luogo di individuazione e reclutamento di bambini e ragazzi “rotti” da etichettare e certificare. Non un luogo dove apprendere le prime basi della socializzazione, della vita di comunità unite alla capacità di pensare e formulare domande e cercare risposte sul mondo, ma un luogo che di nuovo spinge coloro che vengono ritenuti “non idonei”, in base ad una norma statistica medicalizzata e medicalizzante, in un “altrove” che non è più la scuola. Addirittura riducendo arbitrariamente l’orario di frequenza, implementando educatori a domicilio, o allontanando con disinvoltura i ragazzi dalla famiglia. Un luogo dove la scuola spinge per certificare clinicamente i suoi utenti nella speranza di ottenere maggiori risorse di personale e un luogo dove i servizi sanitari addetti alla “salute mentale” delegano e spesso scaricano scelte e responsabilità di intervento, lasciando solo il personale scolastico dopo l’atto certificante.
Ciò che era nato come un sostegno per gli aventi diritto ad una vita normale, nonostante le proprie difficoltà o diversità, si sta trasformando in un nuovo recinto apparentemente protetto che diventa una morsa. Morsa che non esito a definire “la fabbrica per rompere i bambini”. Questo allarme, che lancio da tempo, trova nell’impianto del Piano scuola 4.0 una nuova più forte motivazione. Il progetto che esso persegue è di rendere gli insegnati dei meri esecutori di programmi decisi da altri, resi blindati dal massiccio uso tecnologico e da una sorta di ricatto nella corsa ai finanziamenti e gli scolari/studenti a loro volta degli esecutori passivi sempre più dipendenti da dispositivi che sostituiscono l’esperienza corporea reale con quella artificiale e virtuale. “L’on-life” che sempre più assottiglia il confine tra uomo e macchina e riduce il contatto interpersonale. L’omogeneizzazione mentale e comportamentale che ne consegue viene propagandata come una conquista che ripulisce i rapporti da pregiudizi anche culturali, ma in realtà diventa un mezzo di selezione dei più adatti ad aderire agli standard imposti. E ciò vale tanto per gli studenti quanto per gli insegnanti. Dunque è più che legittima la domanda: “Quale il prototipo di Cittadino che si sta chiedendo alla scuola di plasmare?”
I dati, ufficiali e assai allarmanti, a sostegno di dubbi e a ipotesi di risposta a questo cruciale quesito sono documentati in dettaglio nella conferenza che ho tenuto il 16 marzo 2023 a Bolzano.