Quando avrete tagliato l’ultimo albero, mangiato l’ultimo pesce e avvelenato l’ultimo fiume, capirete che non potete mangiare il denaro (Grande Capo Toro Seduto)
È ricominciata: tutti a stracciarsi le vesti per i catastrofici naufragi di migranti. Tutti a rimpallarsi le responsabilità dei mancati soccorsi, delle scandalose e disumane condizioni dei “centri di accoglienza”, veri e propri gironi dell’inferno. Non c’è canale televisivo che non suoni le proprie sirene sulle ambiguità che circondano ONG più o meno affidabili e realmente salvifiche, ciascuno attribuendo a soggetti diversi il ruolo del buono e del cattivo. Tutti a denunciare e denunciarsi reciprocamente per la mancata solidarietà degli altri Stati europei colpevoli per l’assenza di un piano di accoglienza umanitaria seria. I vari mezzi di “informazione” ci propinano servizi su brandelli di relitti sulla battigia, su corpi restituiti dal mare dopo giorni e sulle condizioni ignominiose in cui versano i sopravvissuti che restano intrappolati nei nostri campi di concentramento. Pronti per essere sfruttati nei lavori agricoli oppure inghiottiti tra le pieghe della malavita dove la prostituzione, qualunque sia il sesso e l’età del fuggitivo, è l’utilizzo più frequente. Di solito la lente è sui naufraghi. Ogni tanto trapela qualcosa sui respingimenti disumani che avvengono alle frontiere di casa nostra in terra ferma. Quasi nulla di ciò che avviene in altri Stati del Pianeta. Di come vengono usate e devastate piccole isole sparse negli oceani (per avere un’idea digitate Isola di Nauru), dove, una volta sbarcati i migranti fuggitivi, non è nemmeno necessario controllarli: tanto ci pensa l’immensità dell’oceano.
Invece quante notizie vere, aggiornate e dettagliate ci giungono sulle situazioni che causano la loro disperata partenza a rischio di insuccesso quasi certo? Ci viene detto che sono contesti di guerra. Ma ci interessa sapere perché c’è la guerra? Quale tipo di guerra? Per che cosa si combatte?
La Storia sarebbe maestra e per questo vari ministri, non solo dell’istruzione, e consulenti del Piano Scuola 4.0 suggeriscono di bandirla come materia di studio.
È così che si allevano ciuchi ciechi, in marcia uno dietro l’altro!
Lo strumento degli spostamenti forzati di popolazione come mezzo di controllo politico ed economico dei singoli e delle Popolazioni, spesso attuato in nome di motivazioni religiose, è sempre esistito fin dall’antichità. Il Vecchio Continente non si è limitato alla conquista colonizzatrice di nuovi continenti sconosciuti. Ha sempre praticato forme di ghettizzazione e sradicamento di Comunità, anche al proprio interno per impadronirsi di beni e territori.
Questa è la storia di tutto il continente europeo dall’impero Romano in poi. E le guerre di religione hanno sempre offerto un mantello protettivo a tutte le corone del vecchio mondo. Ma è nella seconda metà dell’800 che in Europa si comincia a concepire anche forme di “purificazione etnica” per creare <<Stati nazionali monolinguistici >> (N. Pianciola, 2006, L’Europa degli spostamenti forzati di popolazione (1912-1953)).
La prima guerra mondiale è lo spartiacque in questo processo, a seguito del cambiamento del rapporto Cittadino/Stato soprattutto nella gestione economica della vita pubblica. Gli esperimenti di spostamenti di gruppi etnici e di intere comunità, tentati fino lì in territorio europeo, non avevano dato grandi esiti ed ecco in soccorso i consulenti d’oltre oceano.
Nel 1919 il presidente statunitense Woodrow Wilson, alla conferenza di pace di Parigi, fissa in un documento 14 punti che avrebbero dovuto risolvere, tenendo conto del plurilinguismo e di altre differenze culturali, il problema della bassa omogeneità nazionale, ritenendo che la “commistione etnica” fosse alla base dell’instabilità politica, meglio della scarsa fedeltà/adesione allo Stato.
I principi wilsoniani non smisero mai di ispirare le politiche di ingegneria sociale chiamata politica delle popolazioni. Gli spostamenti più massicci avvengono in quella che è stata definita la guerra dei Trent’anni del XX secolo (1914-1945), ciò con l’idea che la fine della commistione etnica costituisse la garanzia di uno stabile ordinamento internazionale.
È in quel contesto che si individuano le 5 possibili “politiche” definite di tutela delle minoranze di appartenenza. Tra queste troviamo al punto 4 lo spostamento forzato, che può articolarsi in vari modi fino alla deportazione.
Wilson, era certamente un esperto in materia, perché è il Presidente che nel 1896 inserì nella costituzione americana le leggi segregazioniste già emanate in precedenza, sostenendo che la segregazione era un vantaggio sia per i bianchi che per i neri. Il motivo per cui non si citano i “pelle rossa” è che dalla prima violazione dei trattati stretti con i Nativi, del 1832, fino all’ultimo massacro e deportazione dell’ultima sacca di resistenza, nel 1890, la “conquista del selvaggio west” può dirsi conclusa. In tutto il nord America rimanevano in vita appena 250mila Nativi degli oltre 12 milioni stimati dei quattro secoli prima.
La mia generazione è cresciuta nutrendosi degli edificanti episodi del fedele Rintintin, cane lupo arruolato nelle Giacche Blu, che difendevano coloni, timorati di dio, dai selvaggi sanguinari. L’epopea del West non è solo una redditizia finzione hollywoodiana; essa affonda le ragioni della sua narrativa nella “Dottrina del Destino Manifesto e cioè la convinzione che l’espansione degli Stati Uniti fosse ordinata dal volere divino e pertanto giustificabile e inevitabile…basata sul fatto che gli indiani non utilizzavano le potenzialità dei loro territori in quanto lasciavano ampi spazi allo stato vergine, soprattutto per la caccia…in questo schema l’uomo bianco si percepiva come uno strumento divino in quanto “restituiva” alla terra produttività” ( Maviglia M. 2020, Il ‘‘Trauma storico‘ dei Nativi Americani. Sofferenza e rinascita, Istituto Italiano di Cultura di Napoli).
La dottrina del Manifest Destininy è pubblicata per la prima volta da John O’Sullivan in Annexation, sul “United States Magazine and Democratic Review”, (luglio/agosto 1845) e consente di capire come mai la canzone “God bless America” sia elevata ed usata ancora oggi quasi come inno nazionale.
Dopo la prima guerra mondiale lo “spirito wilsoniano” non ha mai smesso di plasmare tutti i trattati, paradossalmente definiti di tutela delle minoranze. Che si trattasse di Sudeti, Moravi, Armeni, Sudtirolesi, Ciprioti, Palestinesi ecc. ecc.
Questo spiega anche perché l’avvento delle politiche di popolazione e di ingegneria sociale avviate dal nazismo, nell’ottica dell’omogeneizzazione etnica dell’Europa orientale di allora, non solo furono tollerate e sostenute sia nel vecchio continente che oltreoceano, ma esplicitamente apprezzate come prova della grande efficienza dello Stato hitleriano. Winston Churchill, nel discorso alla Camera dei Comuni, ancora nel 15 dicembre 1944 afferma:
“Per quanto è dato vedere, l’espulsione è […] la soluzione più soddisfacente e definitiva. Non vi saranno più commistioni di popoli che causano guai infiniti come in Alsazia-Lorena. Si farà piazza pulita. La prospettiva di sradicare una popolazione non mi spaventa affatto, così come non mi spaventano questi trasferimenti di massa, oggi più possibili che in passato grazie alle tecniche moderne” (in Pianciola, op.cit.) E infatti cosa è successo dopo il 1945?
Quando Churchill parla delle “tecniche moderne” dobbiamo ricordare che si è già entrati nell’età della massificazione della politica grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie di comunicazione, e nell’utilizzo di volta in volta anche di esperti. Agronomi e geologi in primis, ma anche storici, antropologi, sociologi, linguisti, preti, medici e psicologi a seconda delle popolazioni da sloggiare e dello spirito del tempo. Tutti per aiutare a decidere chi e con quali destinazioni spostare o poter sacrificare: lo scopo è sempre ridisegnare e disporre di spazio e di risorse. Gli storici le definiscono perciò le “politiche del grande spazio”.
Oggi chiamiamo i profughi sradicati migranti ambientali ma si tratta sempre di ”ingegneria sociale” legata ad interessi economici di sfruttamento delle risorse e del territorio. In passato rivolte a Popolazioni native che basavano lo sfruttamento del territorio su forme di produzione non intensiva come pastorizia, caccia, raccolta e nomadismo. Oggi perché insediate in territori ricchi di quei minerali e terre rare di cui il famelico modello di sviluppo occidentale ha necessità per mantenersi. Il controllo della vita privata è agita attraverso il controllo delle risorse di sussistenza autonoma delle Popolazioni e ciò genera grandi spostamenti anche in assenza di una guerra locale in atto.
In realtà proprio i Governi che si definivano e si definiscono custodi della civiltà hanno sempre considerato gli spostamenti di massa, come strumenti di politica di controllo delle popolazioni e delle risorse dei territori. Già nella Convenzione di Losanna del 1923 si esortava che i grandi spostamenti di massa avvenissero in modo possibilmente ordinato e umano. Ma alla fine il tutto era ed è trasformato in una pura amministrazione burocratica di numeri e categorie, a prescindere dal fatto che siano state consapevolmente sradicate da chi poi finge di occuparsene. La Storia, quella che non si vuole che venga studiata, ci riporta una serie di tradimenti che le grandi potenze europee e angloamericane hanno perpetrato e continuano a compiere, lasciando correre e perfino facilitando l’operato di quelli che poi vengono additati come feroci dittatori, estranei allo statuto di esseri umani. Questo insegna la Storia a partire dalla prima Grande Guerra fino ai giorni nostri. Questo ci riporta ai metodi di espulsione dei Nativi di ogni Paese propri del colonialismo, da cui siamo anche oggi sempre più travolti in modo globale. Abbiamo cambiato l’etichetta ma il processo è lo stesso e non possiamo più ignorarlo: li chiamiamo migranti ambientali, ma il problema è il medesimo: fare spazio per trovare e usare nuovo spazio.
Come scrive Lelio Demichelis: “prendere possesso, dividere e utilizzare (lo spazio) sono processi che risalgono alle origini della storia della società umana, ma anche tre atti di un dramma originario. La terra è sempre stata conquistata poi divisa e poi lavorata… La prima divisione/confine fu la terra dal mare. Poi la terra e il mare dal cielo. Ora terra, mare e cielo sono tutt’uno globalizzato grazie a terra, mare, cielo virtuali. (La grande alienazione. Narciso, Pigmalione, Prometeo e il tecno-capitalismo, Jaca Book, Milano, 2018)
È già iniziata anche la conquista e divisione dell’iperspazio reale e virtuale di cui quello mentale è parte integrante e stimola grandi appetiti. Ecco perché controllo sociale, politico ed economico si intersecano con il problema dell’identità personale e in questo processo le istituzioni sanitarie, di socializzazione e scolarizzazione svolgono un ruolo sempre maggiore e rilevante.
Si finge di pre-occuparsi di profughi naufragati o malmenati alle frontiere, ma l’interesse è creare spazio e sradicati sociali e mentali. Questa la politica di ingegneria sociale e comportamentale, dietro l’etichetta di politiche di soccorso. Politica che di nuovo sta riguardando anche il vecchio mondo e non risparmierà nessuno del nostro pianeta se non smetteremo di mentire a noi stessi.
FOTO: la foce dell’Isonzo (Italia) marzo 2023