Quando abbiamo smesso di capire il mondo.
Benjamín Labatut, Adelphi, Milano, 2021
di Miriam Gandolfi
Un romanzo per curiosi impenitenti. Un romanzo per chi non vuole chiudere gli occhi di fronte a ciò che, proprio in questi giorni, avviene vicino a noi: la guerra. Una delle tante che sta distruggendo ora uomini, natura e cose. La guerra delle armi e la guerra delle parole. Non è facile trovare un libro che racchiuda in sé cosi tanti motivi di interesse. I secchioni di materie scientifiche potranno rinverdire il ricordo dell’invidia suscitata nei compagni per le loro brillanti interrogazioni, ma anche scoprire quanto di veramente importante non ci è stato insegnato a scuola. Gli amanti delle materie letterarie, pronti a giustificarsi con un preventivo e infondato “io con i numeri non ci sono mai andato d’accordo”, potranno sguazzare in un senso di rivincita per la goffaggine psicologica ed esistenziale degli scienziati duri e puri. Incontreranno l’austera testardaggine di Einstein, le tremule ossessioni del suo giovane rivale Heisenberg; scoprendo che perfino i vincitori dei Nobel per la matematica sono afflitti dalle tempeste del cuore. Gli amanti di storia troveranno interessanti legami tra guerra, chimica ed arte. Del resto ogni abitante del pianeta Terra cerca di capire il senso della propria vita e perfino i geni fanno fatica a trovarlo e temono che nulla possa salvare l’uomo dal disordine e dal caos. Ma è davvero cosi? Gli uomini sono solo capaci di fare pasticci, anzi innescare catastrofi quanto più inseguono il progresso? Se volete la risposta dovete leggere il romanzo: incontrerete un vecchio albero di limoni, testimone della saggezza della Natura, che offrirà risposte multiple lasciandoci la responsabilità e la libertà di scegliere.