Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto Clinico Diagnostico di Ricerca Altamedica, ha guidato una revisione di circa 50 studi selezionati sull’immunità indotta dall’infezione da Sars-Cov-2 (link). In una intervista per Fortune Italia egli afferma, riferendosi a circa 10 milioni di guariti: "Le evidenze finora disponibili mostrano che bisognerebbe evitare di vaccinare contro il Covid-19 milioni di italiani che sono già immuni poiché hanno superato l’infezione".
Riguardo alla possibilità dei guariti di re-infettarsi egli afferma ancora: "Ad oggi, se paragonati all’enorme numero di contagiati sono stati segnalati in tutto il mondo così pochi casi di reinfezione da Covid-19, da poter ritenere che tali segnalazioni siano ‘aneddotiche’ e concentrate negli operatori sanitari che sono riesposti al virus molto intensamente" e ancora "E’ ragionevole ipotizzare pertanto che l’immunità sarà durevole nel tempo, anche tutta la vita. I dati indicano che la memoria delle cellule T, delle cellule B e gli anticorpi 'riattivati' da un successivo contatto, persisteranno per anni nella maggior parte delle persone infette". Secondo la metanalisi, da studi sulla memoria immunitaria, le cellule di memoria sono state rilevate anche 17 anni dopo l’avvenuta infezione da Sars-CoV. Chi ha contratto la Mers causata dal Mers-CoV presenta anticorpi e cellule di memoria anche molti anni dopo l’infezione.
Riguardo alla copertura rispetto alle varianti, Giorlandino si esprime ancora a favore dell'immunità naturale rispetto a quella indotta dal vaccino: "Un altro spunto interessante per l'immunità dei soggetti guariti da Covid attiene alla risposta alle “varianti” per le quali non è ancora completamente chiaro se saranno coperte dall'immunità acquisita dopo la vaccinazione ma è altamente improbabile che le mutazioni sfuggano all’immunità dei linfociti T nei soggetti infettati, giacché gli anticorpi contro il capside, che presenta un gran numero di antigeni, anche se mutasse, sarebbero richiamati in azione".
Il 28 maggio 2021 Nino Mazzone, direttore del Dipartimento di Area medica Cronicità e Continuità assistenziale dell'Asst Ovest Milanese, e Pierangelo Clerici, presidente dell'Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli), pubblicano un lavoro su Jama Internal Medicine (link, file). Nello studio si rileva che solo lo 0,07% di guariti si reinfetta. Mazzone afferma: "Ci sono vari lavori pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche, da 'Nature' a 'The Lancet' a 'Nejm' che dimostrano come l'immunità a lungo termine dei guariti sia una realtà, con anticorpi tracciabili anche dopo 12 mesi" e ancora "In contrasto con questi dati obiettivi di medicina basata su evidenze scientifiche, che dimostrano una protezione adeguata e duratura in coloro che si sono ammalati di Covid-19...la durata dell'immunità indotta dal vaccino non è completamente nota" e ancora "A nostro avviso le persone per cui è stata confermata un'infezione da Sars-CoV-2 potrebbero non aver bisogno di vaccinazione e non hanno bisogno di vaccinazione a breve termine."
Stesse conclusioni arrivano dallo studio austriaco del Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Medicina di Graz (link, file): "We recorded 40 tentative re-infections in 14,840 COVID-19 survivors of the first wave (0.27%)".
Flow chart and analysis plan.
Recentemente Nino Mazzone è tornato sull'argomento intervistato da "Adnkronos Salute" il 6 dicembre 2021: "I tassi di reinfezione nei guariti sono inferiori all'1%" e ancora "Ad oggi, di gente che si è riammalata di Covid dopo essere guarita, nelle rianimazioni non c'è traccia". Mazzone continua proponendo di monitorare i guariti con un test degli anticorpi ogni 3-6 mesi: "Da un anno sosteniamo quello che in questi giorni ha detto pure Robert Redfield, fino a pochi mesi fa a capo dei Cdc americani: il test degli anticorpi va fatto". Propone poi di collocare il livello minimo di resistenza fra i 300 e i 500 anticorpi senza altre patologie e suggerisce al di sotto di quella soglia l'inoculazione di una dose booster. Mazzone conclude: "Le politiche vaccinali vanno mirate sulla base dei dati che emergono, per evitare il rischio di sovratrattamento e di potenziali effetti collaterali da vaccino che in chi ha già gli anticorpi compaiono più spesso". A dargli ragione anche Paolo Gasparini, membro esperto del Consiglio Superiore di Sanità, direttore di Genetica Medica dell’università di Trieste. Riguardo alla possibilità di re-infettarsi egli afferma: "I soggetti guariti dal Covid presentano un’immunità naturale che contribuisce a proteggerli a lungo ed è scarsissimo il numero di guariti che sinora nel mondo si sono riammalati, e anche in questa eventualità la malattia si è generalmente presentata in forma più lieve" e ancora "In presenza di anticorpi circolanti non si vaccina ma, al massimo, si monitora nel tempo la quantità di anticorpi per valutarne l'andamento". La maggior copertura si spiega anche perchè "...i guariti sono immuni contro tutte le porzioni del virus a differenza dei vaccinati che sono stati immunizzati solamente contro la proteina Spike (una parte del virus)."
L'11 aprile 2022 Mazzone rilascia un'intervista a Quotidiano Sanità (link, file) dove, chiedendo una modifica alle disposizioni governative e una riflessione sulla strategia medica e sulla normativa politica, afferma ancora una volta che "Vaccinare i covid è stato un errore, non c’era nessuna evidenza medica e trattare allo stesso modo un paziente che ha avuto la malattia ed uno che non ha avuto la malattia è stata la prima volta in medicina".
Un gruppo di esperti dell'Università di Ferrara e della ASL di Pescara ha condotto l'8 settembre 2021 il primo studio al mondo che valuta il tasso di reinfezione nelle persone che hanno contratto il Covid per un periodo di osservazione superiore a 12 mesi (link, file). Il risultato è che solo lo 0,33% si è infettato nuovamente. Lamberto Manzoli, coordinatore dello studio e Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche dell'Università di Ferrara, aggiunge: "Questi risultati sono peraltro molto solidi, perché concordano completamente con quelli di altri studi nazionali ed internazionali".
Il 7 febbraio 2022 un gruppo di ricercatori della Southern University of Science and Technology di Shenzhen pubblica su Nature Microbiology (link, file) uno studio secondo cui la gran parte delle persone che si sono ammalate di Covid-19, specie se in forma grave, possiede anticorpi neutralizzanti contro il coronavirus per almeno 16 mesi. Qui sotto alcuni grafici di sintesi.
Persistent neutralizing antibody responses in COVID-19 convalescents.
a, Positive rates of the anti-RBD IgG, anti-N IgG and microneutralization (MN) titres for the 219 plasma samples from 175 COVID-19 convalescents with over 180 d follow-up.
b, Detailed optical density (OD) values of anti-RBD IgG, anti-N IgG and logMN titres of the 219 plasma samples. The line and error bar represent the mean and standard deviation. Black and green dotted lines indicate the limit of detection for anti-RBD IgG and MN titres, respectively.
c, Negative rates of anti-RBD IgG and neutralizing activity post 330 d.a.o.
d, Dynamic changes in the distribution of MN titres over time.
e, Pie chart comparing the fraction of samples with anti-RBD IgG and neutralizing activity.
f, Spearman correlation plot between the OD values of anti-RBD IgG and logMN titres. Specimens with MN titres <10 were assigned a value of 5
In uno studio (link, file) la virologa Theodora Hatziioannou, ricercatrice associata nel laboratorio di retrovirologia presso la The Rockefeller University, afferma che: "È molto probabile che saranno efficaci contro qualsiasi variante futura che SARS-CoV-2 lancia contro di loro". In una serie di studi il team di Hatziioannou, Nussenzweig e Bieniasz, ha confrontato le risposte anticorpali di persone infette e vaccinate. Entrambi portano alla creazione di cellule B di memoria che producono anticorpi che si sono evoluti per diventare più potenti. I ricercatori suggeriscono che ciò si verifica in misura maggiore dopo l'infezione.
Uno studio israeliano (link, file) ha seguito per quasi 3 mesi circa 700.000 persone che avevano concluso il piano vaccinale e circa 63.000 guariti da Covid non vaccinati. Nel dettaglio si è visto che le persone vaccinate hanno un rischio 5,96 volte superiore di contagiarsi e 7,13 volte maggiore di avere sintomi rispetto ai guariti. I vaccinati hanno maggiori probabilità di finire in ospedale rispetto ai guariti non vaccinati. Gli autori dello studio affermano che: "Nel complesso, i nostri risultati indicano che una lieve infezione da SARS-CoV-2 induce negli esseri umani una robusta memoria immunitaria umorale antigene-specifica e di lunga durata".
Un altro studio israeliano (link, file), prodotto da Carmit Cohen dello Sheba Medical Center, conferma che avere all'attivo un contagio Covid fornisce potenzialmente una protezione a lungo termine. E potrebbe spiegare perché i guariti sembrano essere meglio 'equipaggiati' contro una nuova infezione rispetto a quelli che sono stati solo vaccinati. Mentre la protezione contro la reinfezione dura a lungo nelle persone che hanno avuto Covid, le cosiddette infezioni 'breakthrough' sono sempre più comuni 6 mesi dopo il vaccino. "Penso che le persone più interessanti da seguire ora siano quelle guarite da varianti precedenti e poi reinfettate e guarite da Omicron. Ipoteticamente, dovrebbero avere prestazioni anticorpali molto alte contro la maggior parte delle varianti" conclude Cohen.
Sulla superiorità dell'immunità naturale si esprime in un articolo Dennis G McGonagle (Leeds Institute of Rheumatic and Musculoskeletal Medicine, University of Leeds) pubblicato su The Lancet il 7 febbraio 2022 (link, file). Si riportano le parti principali:
"In primo luogo, è ben noto che per i virus a RNA a filamento singolo come l’influenza, l’immunità naturale dopo il recupero dall’infezione fornisce una protezione migliore rispetto alla vaccinazione, che deve essere intrapresa ogni anno a causa della diminuzione dell’immunità vaccinale. Lo stesso è stato dimostrato per SARS-CoV-2; in uno studio, gli individui esposti a un’infezione naturale avevano dieci volte meno probabilità di essere reinfettati rispetto agli individui vaccinati senza infezione naturale. Anche gli individui esposti a infezioni naturali avevano meno probabilità di essere ricoverati in ospedale con COVID-19", scrive il dott. McGonagle.
"In secondo luogo - viene riportato nello studio - , prima della pandemia di COVID-19, era un principio ben consolidato che, sebbene la vaccinazione sistemica contro i patogeni virali del tratto respiratorio protegga i vaccinati da infezioni gravi, questi individui possono ancora trasmettere il virus a individui non vaccinati a causa della mancanza di immunità della mucosa. Pertanto, gli individui con immunità derivante da un’infezione naturale hanno probabilmente meno probabilità di trasmettere l’infezione a pazienti vulnerabili (che dovrebbero essere vaccinati essi stessi) rispetto a coloro che sono vaccinati ma non immuni naturalmente. L’immunità a lungo termine nelle vie aeree superiori non può essere misurata direttamente e i livelli sierici di anticorpi non sono un surrogato dell’immunità mucosa".
"In terzo luogo - prosegue l’esperto - numerosi studi hanno dimostrato che la vaccinazione in individui con una precedente infezione naturale da SARS-CoV-2 induce la cosiddetta super-immunità (o immunità ibrida), ovvero risposte anticorpali e dei linfociti T più elevate rispetto alla sola vaccinazione. Questo concetto è spesso evocato a favore della vaccinazione, ma questo stato superimmunitario non ha dimostrato correlazioni cliniche a lungo termine e un numero crescente di studi mostra benefici marginali, se non presenti, aggiuntivi della vaccinazione in individui con immunità naturale. Attribuire risposte anticorpali sieriche più elevate negli individui vaccinati alla superiorità rispetto all’infezione naturale è errato, poiché potrebbe essere trascorso molto tempo dall’infezione naturale con il previsto calo dei livelli di anticorpi. Inoltre, l’infezione naturale, con l’induzione di una forte immunità interferone-dipendente nelle vie aeree superiori, potrebbe portare a sintomi simil-influenzali correlati all’interferone, ma con la risposta innata delle citochine che impedisce una violazione sufficiente della barriera mucosa per la generazione di anticorpi clinicamente significativa. La vaccinazione intramuscolare genererà prontamente una risposta anticorpale, che è misurabile come anticorpi sierici, anche se transitoriamente. Questo fenomeno non può essere utilizzato per affermare che i vaccini sono migliori delle infezioni naturali".
Il 25 maggio 2022 (link, file) viene pubblicato uno studio promosso dal Ministero della Salute israeliano e da importanti università e centri di ricerca (From the Faculty of Industrial Engineering and Management, Technion–Israel Institute of Technology, Haifa (Y.G.), the Department of Statistics and Data Science, Hebrew University of Jerusalem (M.M.), and the Israeli Ministry of Health (O.B., N.A., S.A.-P.), Jerusalem, the Department of Plant and Environmental Sciences, Weizmann Institute of Science, Rehovot (Y.M.B.-O., R.M.), the Biostatistics and Biomathematics Unit, Gertner Institute for Epidemiology and Health Policy Research, Sheba Medical Center, Ramat Gan (L.S.F., A.H.), and the Sackler Faculty of Medicine, Tel Aviv University, Tel Aviv (A.H.)). In questo studio retrospettivo si confrontano i tassi di re-infezione tra vaccinati mai infettati e guariti non vaccinati. Il campione di chi era stato infettato dai 6 agli 8 mesi precedenti presentava un tasso di re-infezione di 14 su 100.000, 6,35 volte inferiore rispetto al campione di chi aveva ricevuto 2 dosi di vaccino nello stesso periodo (tasso di re-infezione di 88,9 su 100.000). In linea con le ricerche precedenti citate in questo articolo.
Il 6 settembre 2022 sul quotidiano La Repubblica si legge: "Chi ha già contratto il virus non ha più bisogno di vaccino." (link). L'articolo si riferisce ad uno studio di Claudio Giorlandino dal titolo "Evidence of Memory B-cells response against different SARS-CoV-2 variant". Riferendosi alla tecnologia a mRNA Giorlandino afferma: "Lo studio sperimentale, eseguito su un numero considerevole di soggetti che hanno contratto l’infezione, dimostra che i linfociti B sono pronti a riattivarsi immediatamente allorché vengano nuovamente a contatto con il virus, trasformandosi in plasmacellule che poi genereranno gli anticorpi specifici” e ancora "Ovviamente non vi è paragone sulla efficacia della immunità naturale rispetto a quella modesta e limitata post-vaccinale. I vaccini sono attivi soltanto contro una parte del virus, la proteina spike, mentre gli anticorpi naturali sono attivi contro tutto il virus e quindi non temono varianti" e ancora "Infatti, la tecnologia di questi vaccini statunitensi arriva sempre molto più tardi delle mutazioni della proteina virale che vogliono contrastare".
A conclusioni simili giunge una ricerca tutta italiana pubblicata il 25 ottobre 2022 sul Journal of Clinical Medicine dal titolo SARS-CoV-2 - The Role of Natural Immunity: A Narrative Review (link, file). Questa ricerca prende in analisi la letteratura esistente e afferma che "...Vaccine-induced immunity was shown to decay faster than natural immunity" e che "...vaccination of the unvaccinated COVID-19-recovered subjects may not be indicated".
In Italia la maggior parte dei guariti asintomatici non vengono esentati dalla vaccinazione perché, non essendosi accorti di essere infetti, non dispongono di un tampone positivo attestante la malattia. Chi presenta titoli anticorpali elevati non viene comunque esentato.
Cosa dicono gli studi sull'immunità acquisita naturalmente?
I soggetti guariti dal Covid presentano un’immunità che contribuisce a proteggerli a lungo.
Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto Clinico Diagnostico di Ricerca Altamedica, ha guidato una revisione di circa 50 studi selezionati sull’immunità indotta dall’infezione da Sars-Cov-2 (link). In una intervista per Fortune Italia egli afferma, riferendosi a circa 10 milioni di guariti: "Le evidenze finora disponibili mostrano che bisognerebbe evitare di vaccinare contro il Covid-19 milioni di italiani che sono già immuni poiché hanno superato l’infezione".
Riguardo alla possibilità dei guariti di re-infettarsi egli afferma ancora: "Ad oggi, se paragonati all’enorme numero di contagiati sono stati segnalati in tutto il mondo così pochi casi di reinfezione da Covid-19, da poter ritenere che tali segnalazioni siano ‘aneddotiche’ e concentrate negli operatori sanitari che sono riesposti al virus molto intensamente" e ancora "E’ ragionevole ipotizzare pertanto che l’immunità sarà durevole nel tempo, anche tutta la vita. I dati indicano che la memoria delle cellule T, delle cellule B e gli anticorpi 'riattivati' da un successivo contatto, persisteranno per anni nella maggior parte delle persone infette". Secondo la metanalisi, da studi sulla memoria immunitaria, le cellule di memoria sono state rilevate anche 17 anni dopo l’avvenuta infezione da Sars-CoV. Chi ha contratto la Mers causata dal Mers-CoV presenta anticorpi e cellule di memoria anche molti anni dopo l’infezione.
Riguardo alla copertura rispetto alle varianti, Giorlandino si esprime ancora a favore dell'immunità naturale rispetto a quella indotta dal vaccino: "Un altro spunto interessante per l'immunità dei soggetti guariti da Covid attiene alla risposta alle “varianti” per le quali non è ancora completamente chiaro se saranno coperte dall'immunità acquisita dopo la vaccinazione ma è altamente improbabile che le mutazioni sfuggano all’immunità dei linfociti T nei soggetti infettati, giacché gli anticorpi contro il capside, che presenta un gran numero di antigeni, anche se mutasse, sarebbero richiamati in azione".
Il 28 maggio 2021 Nino Mazzone, direttore del Dipartimento di Area medica Cronicità e Continuità assistenziale dell'Asst Ovest Milanese, e Pierangelo Clerici, presidente dell'Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli), pubblicano un lavoro su Jama Internal Medicine (link, file). Nello studio si rileva che solo lo 0,07% di guariti si reinfetta. Mazzone afferma: "Ci sono vari lavori pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche, da 'Nature' a 'The Lancet' a 'Nejm' che dimostrano come l'immunità a lungo termine dei guariti sia una realtà, con anticorpi tracciabili anche dopo 12 mesi" e ancora "In contrasto con questi dati obiettivi di medicina basata su evidenze scientifiche, che dimostrano una protezione adeguata e duratura in coloro che si sono ammalati di Covid-19...la durata dell'immunità indotta dal vaccino non è completamente nota" e ancora "A nostro avviso le persone per cui è stata confermata un'infezione da Sars-CoV-2 potrebbero non aver bisogno di vaccinazione e non hanno bisogno di vaccinazione a breve termine."
Stesse conclusioni arrivano dallo studio austriaco del Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Medicina di Graz (link, file): "We recorded 40 tentative re-infections in 14,840 COVID-19 survivors of the first wave (0.27%)".
Flow chart and analysis plan.
Recentemente Nino Mazzone è tornato sull'argomento intervistato da "Adnkronos Salute" il 6 dicembre 2021: "I tassi di reinfezione nei guariti sono inferiori all'1%" e ancora "Ad oggi, di gente che si è riammalata di Covid dopo essere guarita, nelle rianimazioni non c'è traccia". Mazzone continua proponendo di monitorare i guariti con un test degli anticorpi ogni 3-6 mesi: "Da un anno sosteniamo quello che in questi giorni ha detto pure Robert Redfield, fino a pochi mesi fa a capo dei Cdc americani: il test degli anticorpi va fatto". Propone poi di collocare il livello minimo di resistenza fra i 300 e i 500 anticorpi senza altre patologie e suggerisce al di sotto di quella soglia l'inoculazione di una dose booster. Mazzone conclude: "Le politiche vaccinali vanno mirate sulla base dei dati che emergono, per evitare il rischio di sovratrattamento e di potenziali effetti collaterali da vaccino che in chi ha già gli anticorpi compaiono più spesso". A dargli ragione anche Paolo Gasparini, membro esperto del Consiglio Superiore di Sanità, direttore di Genetica Medica dell’università di Trieste. Riguardo alla possibilità di re-infettarsi egli afferma: "I soggetti guariti dal Covid presentano un’immunità naturale che contribuisce a proteggerli a lungo ed è scarsissimo il numero di guariti che sinora nel mondo si sono riammalati, e anche in questa eventualità la malattia si è generalmente presentata in forma più lieve" e ancora "In presenza di anticorpi circolanti non si vaccina ma, al massimo, si monitora nel tempo la quantità di anticorpi per valutarne l'andamento". La maggior copertura si spiega anche perchè "...i guariti sono immuni contro tutte le porzioni del virus a differenza dei vaccinati che sono stati immunizzati solamente contro la proteina Spike (una parte del virus)."
L'11 aprile 2022 Mazzone rilascia un'intervista a Quotidiano Sanità (link, file) dove, chiedendo una modifica alle disposizioni governative e una riflessione sulla strategia medica e sulla normativa politica, afferma ancora una volta che "Vaccinare i covid è stato un errore, non c’era nessuna evidenza medica e trattare allo stesso modo un paziente che ha avuto la malattia ed uno che non ha avuto la malattia è stata la prima volta in medicina".
Un gruppo di esperti dell'Università di Ferrara e della ASL di Pescara ha condotto l'8 settembre 2021 il primo studio al mondo che valuta il tasso di reinfezione nelle persone che hanno contratto il Covid per un periodo di osservazione superiore a 12 mesi (link, file). Il risultato è che solo lo 0,33% si è infettato nuovamente. Lamberto Manzoli, coordinatore dello studio e Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche dell'Università di Ferrara, aggiunge: "Questi risultati sono peraltro molto solidi, perché concordano completamente con quelli di altri studi nazionali ed internazionali".
Il 7 febbraio 2022 un gruppo di ricercatori della Southern University of Science and Technology di Shenzhen pubblica su Nature Microbiology (link, file) uno studio secondo cui la gran parte delle persone che si sono ammalate di Covid-19, specie se in forma grave, possiede anticorpi neutralizzanti contro il coronavirus per almeno 16 mesi. Qui sotto alcuni grafici di sintesi.
Persistent neutralizing antibody responses in COVID-19 convalescents.
a, Positive rates of the anti-RBD IgG, anti-N IgG and microneutralization (MN) titres for the 219 plasma samples from 175 COVID-19 convalescents with over 180 d follow-up.
b, Detailed optical density (OD) values of anti-RBD IgG, anti-N IgG and logMN titres of the 219 plasma samples. The line and error bar represent the mean and standard deviation. Black and green dotted lines indicate the limit of detection for anti-RBD IgG and MN titres, respectively.
c, Negative rates of anti-RBD IgG and neutralizing activity post 330 d.a.o.
d, Dynamic changes in the distribution of MN titres over time.
e, Pie chart comparing the fraction of samples with anti-RBD IgG and neutralizing activity.
f, Spearman correlation plot between the OD values of anti-RBD IgG and logMN titres. Specimens with MN titres <10 were assigned a value of 5
In uno studio (link, file) la virologa Theodora Hatziioannou, ricercatrice associata nel laboratorio di retrovirologia presso la The Rockefeller University, afferma che: "È molto probabile che saranno efficaci contro qualsiasi variante futura che SARS-CoV-2 lancia contro di loro". In una serie di studi il team di Hatziioannou, Nussenzweig e Bieniasz, ha confrontato le risposte anticorpali di persone infette e vaccinate. Entrambi portano alla creazione di cellule B di memoria che producono anticorpi che si sono evoluti per diventare più potenti. I ricercatori suggeriscono che ciò si verifica in misura maggiore dopo l'infezione.
Uno studio israeliano (link, file) ha seguito per quasi 3 mesi circa 700.000 persone che avevano concluso il piano vaccinale e circa 63.000 guariti da Covid non vaccinati. Nel dettaglio si è visto che le persone vaccinate hanno un rischio 5,96 volte superiore di contagiarsi e 7,13 volte maggiore di avere sintomi rispetto ai guariti. I vaccinati hanno maggiori probabilità di finire in ospedale rispetto ai guariti non vaccinati. Gli autori dello studio affermano che: "Nel complesso, i nostri risultati indicano che una lieve infezione da SARS-CoV-2 induce negli esseri umani una robusta memoria immunitaria umorale antigene-specifica e di lunga durata".
Un altro studio israeliano (link, file), prodotto da Carmit Cohen dello Sheba Medical Center, conferma che avere all'attivo un contagio Covid fornisce potenzialmente una protezione a lungo termine. E potrebbe spiegare perché i guariti sembrano essere meglio 'equipaggiati' contro una nuova infezione rispetto a quelli che sono stati solo vaccinati. Mentre la protezione contro la reinfezione dura a lungo nelle persone che hanno avuto Covid, le cosiddette infezioni 'breakthrough' sono sempre più comuni 6 mesi dopo il vaccino. "Penso che le persone più interessanti da seguire ora siano quelle guarite da varianti precedenti e poi reinfettate e guarite da Omicron. Ipoteticamente, dovrebbero avere prestazioni anticorpali molto alte contro la maggior parte delle varianti" conclude Cohen.
Sulla superiorità dell'immunità naturale si esprime in un articolo Dennis G McGonagle (Leeds Institute of Rheumatic and Musculoskeletal Medicine, University of Leeds) pubblicato su The Lancet il 7 febbraio 2022 (link, file). Si riportano le parti principali:
"In primo luogo, è ben noto che per i virus a RNA a filamento singolo come l’influenza, l’immunità naturale dopo il recupero dall’infezione fornisce una protezione migliore rispetto alla vaccinazione, che deve essere intrapresa ogni anno a causa della diminuzione dell’immunità vaccinale. Lo stesso è stato dimostrato per SARS-CoV-2; in uno studio, gli individui esposti a un’infezione naturale avevano dieci volte meno probabilità di essere reinfettati rispetto agli individui vaccinati senza infezione naturale. Anche gli individui esposti a infezioni naturali avevano meno probabilità di essere ricoverati in ospedale con COVID-19", scrive il dott. McGonagle.
"In secondo luogo - viene riportato nello studio - , prima della pandemia di COVID-19, era un principio ben consolidato che, sebbene la vaccinazione sistemica contro i patogeni virali del tratto respiratorio protegga i vaccinati da infezioni gravi, questi individui possono ancora trasmettere il virus a individui non vaccinati a causa della mancanza di immunità della mucosa. Pertanto, gli individui con immunità derivante da un’infezione naturale hanno probabilmente meno probabilità di trasmettere l’infezione a pazienti vulnerabili (che dovrebbero essere vaccinati essi stessi) rispetto a coloro che sono vaccinati ma non immuni naturalmente. L’immunità a lungo termine nelle vie aeree superiori non può essere misurata direttamente e i livelli sierici di anticorpi non sono un surrogato dell’immunità mucosa".
"In terzo luogo - prosegue l’esperto - numerosi studi hanno dimostrato che la vaccinazione in individui con una precedente infezione naturale da SARS-CoV-2 induce la cosiddetta super-immunità (o immunità ibrida), ovvero risposte anticorpali e dei linfociti T più elevate rispetto alla sola vaccinazione. Questo concetto è spesso evocato a favore della vaccinazione, ma questo stato superimmunitario non ha dimostrato correlazioni cliniche a lungo termine e un numero crescente di studi mostra benefici marginali, se non presenti, aggiuntivi della vaccinazione in individui con immunità naturale. Attribuire risposte anticorpali sieriche più elevate negli individui vaccinati alla superiorità rispetto all’infezione naturale è errato, poiché potrebbe essere trascorso molto tempo dall’infezione naturale con il previsto calo dei livelli di anticorpi. Inoltre, l’infezione naturale, con l’induzione di una forte immunità interferone-dipendente nelle vie aeree superiori, potrebbe portare a sintomi simil-influenzali correlati all’interferone, ma con la risposta innata delle citochine che impedisce una violazione sufficiente della barriera mucosa per la generazione di anticorpi clinicamente significativa. La vaccinazione intramuscolare genererà prontamente una risposta anticorpale, che è misurabile come anticorpi sierici, anche se transitoriamente. Questo fenomeno non può essere utilizzato per affermare che i vaccini sono migliori delle infezioni naturali".
Il 25 maggio 2022 (link, file) viene pubblicato uno studio promosso dal Ministero della Salute israeliano e da importanti università e centri di ricerca (From the Faculty of Industrial Engineering and Management, Technion–Israel Institute of Technology, Haifa (Y.G.), the Department of Statistics and Data Science, Hebrew University of Jerusalem (M.M.), and the Israeli Ministry of Health (O.B., N.A., S.A.-P.), Jerusalem, the Department of Plant and Environmental Sciences, Weizmann Institute of Science, Rehovot (Y.M.B.-O., R.M.), the Biostatistics and Biomathematics Unit, Gertner Institute for Epidemiology and Health Policy Research, Sheba Medical Center, Ramat Gan (L.S.F., A.H.), and the Sackler Faculty of Medicine, Tel Aviv University, Tel Aviv (A.H.)). In questo studio retrospettivo si confrontano i tassi di re-infezione tra vaccinati mai infettati e guariti non vaccinati. Il campione di chi era stato infettato dai 6 agli 8 mesi precedenti presentava un tasso di re-infezione di 14 su 100.000, 6,35 volte inferiore rispetto al campione di chi aveva ricevuto 2 dosi di vaccino nello stesso periodo (tasso di re-infezione di 88,9 su 100.000). In linea con le ricerche precedenti citate in questo articolo.
Il 6 settembre 2022 sul quotidiano La Repubblica si legge: "Chi ha già contratto il virus non ha più bisogno di vaccino." (link). L'articolo si riferisce ad uno studio di Claudio Giorlandino dal titolo "Evidence of Memory B-cells response against different SARS-CoV-2 variant". Riferendosi alla tecnologia a mRNA Giorlandino afferma: "Lo studio sperimentale, eseguito su un numero considerevole di soggetti che hanno contratto l’infezione, dimostra che i linfociti B sono pronti a riattivarsi immediatamente allorché vengano nuovamente a contatto con il virus, trasformandosi in plasmacellule che poi genereranno gli anticorpi specifici” e ancora "Ovviamente non vi è paragone sulla efficacia della immunità naturale rispetto a quella modesta e limitata post-vaccinale. I vaccini sono attivi soltanto contro una parte del virus, la proteina spike, mentre gli anticorpi naturali sono attivi contro tutto il virus e quindi non temono varianti" e ancora "Infatti, la tecnologia di questi vaccini statunitensi arriva sempre molto più tardi delle mutazioni della proteina virale che vogliono contrastare".
A conclusioni simili giunge una ricerca tutta italiana pubblicata il 25 ottobre 2022 sul Journal of Clinical Medicine dal titolo SARS-CoV-2 - The Role of Natural Immunity: A Narrative Review (link, file). Questa ricerca prende in analisi la letteratura esistente e afferma che "...Vaccine-induced immunity was shown to decay faster than natural immunity" e che "...vaccination of the unvaccinated COVID-19-recovered subjects may not be indicated".
In Italia la maggior parte dei guariti asintomatici non vengono esentati dalla vaccinazione perché, non essendosi accorti di essere infetti, non dispongono di un tampone positivo attestante la malattia. Chi presenta titoli anticorpali elevati non viene comunque esentato.